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Elaborare il trauma

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Perchè arteterapia somatica per bambini/e con vissute traumatiche ?

“Guardo la barca mentre si allontana all’orizzonte, una paura fredda e stretta mi attanaglia la pancia, ho la sensazione di essere sottosopra. Nausea. Le lacrime scorrono liberamente lungo le mie guance, un istinto familiare vuole che io salti in avanti per aggrapparmi e non perdere di vista la barca. C’è una voce in sottofondo, un sussurrio dolce, le parole non sono importanti, è il suono della voce che mi tiene. Ora so cosa si prova ad essere tenuta. Le cellule lungo la mia schiena si calmano. Sentono la sedia che mi sostiene. Sono in una culla. Al sicuro. La barca sparisce di vista nella foschia. Saluto debolmente con la mano e sento la paura trasformarsi in eccitazione, le lacrime in risate e mi volto in direzione della voce, incontro i suoi occhi e sorrido. Dico: “Pensavo di poter dire 'sì' solo quando avevo imparato a dire ‘no' ma, qui, era venuto il momento di salutare il vecchio, perché avevo detto "sì" al nuovo, lo avevo sentito e abbracciato. E’ stato solo il sapere che sei qui con me, che in questo spazio e tempo mi avresti tenuta e che, qualunque cosa fosse accaduta per travolgermi, tu non lo avresti permesso. Solo grazie a questo ho potuto lasciare andare e salutare." "

 

La bambina sta seduta alla mia destra su uno sgabello alto. Ha circa 6 anni e davanti a sé c’è una grande scatola di legno piena di creta: il “campo d’argilla”, una tecnica di arteterapia sensomotoria (Elbrecht, 2021). Con entrambe le mani tiene stretta una spugna voluminosa imbevuta d'acqua e la sta spingendo lentamente e con decisione sulla superficie dell'argilla, levigandola. Lei si gira verso di me, “Prendi anche tu una spugna. Fallo anche tu. Insieme possiamo farcela. Insieme."

 

Il primo brano descrive un momento della mia terapia personale con una Practitioner del Somatic Experiencing, un momento in cui ho lasciato andare un vecchio schema corporeo che era stato disfunzionale ma mi aveva permesso di sentirmi protetta contro gli assalti che, come le mie esperienze di vita mi avevano insegnato, inevitabilmente e imprevedibilmente sarebbero arrivati. Trovando fiducia nel mio nuovo terreno di sicurezza, veniva meno il bisogno di prevenire il pericolo con attacchi preventivi e la mia terapeuta mi invita a spingere via la barca: un punto simbolico di non ritorno ai miei precedenti schemi comportamentali.

 

Il secondo brano descrive un momento nel mio studio privato in cui, da arteterapeuta, assisto una bambina al sul lavoro al campo d’argilla mentre cerca di contattare le sue emozioni sepolte sotto la superficie dell'argilla. Ha buone ragioni per essersi chiusa fuori dal suo corpo negli ultimi due anni, è un luogo in cui è diventato troppo doloroso avventurarsi da sola. Qui si sta preparando, esplorando la superficie dell'argilla, come se fosse la superficie della sua pelle, ed è importante che lo facciamo insieme, impossibile farlo da sola.

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​Il brano sopra è un estratto da un mio testo "Perchè arteterapia con i bambini traumatizzati'" pubblicato nel libro "Arteterapia con i bambini: il processo creativo come strumento di crescita, sostegno e cura" (Carocci). In questo capitolo esplora come arteterapia psicodinamica e senso-motoria insieme a Somatic Experiencing possono essere usate per elaborare le seguenti aspetti del trauma :

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La relazione : l’autorità che non è riuscita a proteggerci

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L’Impotenza : la scelta che non abbiamo mai avuto

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La rabbia : la difesa che si rivela inutile

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La vergogna accoppiata alla rabbia : intrappolati in un apprendimento di auto-inefficacia

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Il conflitto : ripristinare armonia 

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La narrativa personale : esempio di 3 narrazioni nelle 3 modalità del processo creativo

La narrativa cognitiva-simbolica : processare i sensi di colpa

La narrativa percettiva-affettiva : processare la separazione

La narrativa sensoriale-cinestetica : processare la paura

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Concludo con il seguente paragrafo:

"Guarire il trauma significa ripristinare la sicurezza: sicurezza nel corpo e sicurezza nel rapporto col mondo esterno. I materiali artistici, nel processo arteterapeutico, diventano un soggetto dialogante con chi li usa; nella terminologia di Deuser (2020), possano rappresentare sia "me" che "non-me". Al fine di consentire che questa transizione avvenga in modo sicuro e efficace, la gradualità del processo è fondamentale. L’interazione sensoriale, formale e metaforica, protegge il bambino da richieste di accesso a memorie esplicite potenzialmente ritraumatiizzanti (Rothschild, 2021). Man mano che ogni nuova emozione, significato appreso o schema corporeo emerge per essere sciolto in questo lungo processo, il setting di arteterapia offre una gamma di sensazioni, qualità, possibilità e metodologie tale da permettere ad ogni individuo di scegliere la propria strada e la propria soluzione: scelta che venne a loro negata durante l'evento traumatico."​​​​

 

Perchè arteterapia somatica per adulti con vissute traumatiche ?
Una mia utente risponde con una sua testimonianza ...

Quando sono entrata in contatto con la Casa delle Donne un anno fa, ero una persona diversa da ora. Ero impaurita, disperata, molto confusa e stanca di vivere in uno stato di malessere che si andava acuendo di anno in anno. Quando l'operatrice, dopo avermi fatto aprire gli occhi sul concetto di violenza e sulla mia incapacità di riconoscerla come tale, mi ha proposto delle attività di introspezione e crescita personale, ti confesso che avrei accettato di fare qualsiasi cosa pur di uscire dalla situazione in cui mi trovavo. Non ne potevo semplicemente più di stare male. Tutto quello che avevo provato fino a quel momento, compreso un percorso di terapia analitica durato anni (decisamente troppi) non era riuscito a produrre un effetto significativo su questo “stare male” che era diventata la cifra distintiva del mio vivere quotidiano.

 

Ho affrontato il primo incontro senza avere troppe aspettative, lo confesso; non avevo nessuna idea di cosa fosse Arteterapia, ma mi sono fidata della Casa delle Donne, mi sono fidata di chi sembrava capire veramente quanto profondo fosse il mio male di vivere, un male che mi aveva portato a vivere una situazione di (non) amore patologica e violenta. Ho invece scoperto un mondo. Nel giro di pochi incontri si sono smossi dei blocchi decennali che l’analisi non aveva minimamente sfiorato. Non ho capito subito cosa stessi facendo, ma ho sentito nel profondo che il lavoro che mi veniva proposto, con pazienza e delicatezza, aveva la capacità di raggiungere tutti quei punti nodali che stavano alla radice della mia incapacità di distinguere tra amore e possesso, tra un comportamento rispettoso della mia individualità e la violenza che ha contrassegnato la mia storia. 

 

Ogni nuovo materiale/attività con cui mi è stato proposto di lavorare seguendo gli spunti delle tematiche che andavamo a poco a poco individuando, smuoveva un blocco, portava a galla dei pezzettini di me che non conoscevo o riconoscevo più.  Attraverso questo percorso che combina diverse pratiche ed approcci terapeutici ( non sono in grado di essere più precisa, ma in buona sostanza si tratta di un lavoro non solo cognitivo, ma anche fisico e tattile volto a un integrazione tra mente e corpo e quindi più efficace e concreto) ho cominciato a riconoscere le emozioni che provavo, ma non solo da un punto di vista intellettuale, cognitivo: ho imparato a riconoscere l’effetto delle emozioni nel corpo, a come istintivamente mi comporto in relazione a felicità, rabbia, paura….

 

Il lavoro di individuazione anche sensoriale (attraverso la manipolazione di argilla o l’uso dei colori o altro) delle conseguenze dei traumi mi ha lentamente permesso di distinguere tra le emozioni e tutto questo grazie al lavoro con il corpo, con i sensi. Nello studio di arteterapia ci sono infiniti materiali a disposizione e altrettanto modi di utilizzarli per esprimersi : dalla possibilità di spaccare quelli oggetti di argilla che io stessa ho creato e che simboleggiavano dei momenti della mia vita che non hanno più senso di essere ora, a creare delle rappresentazioni di stati d’animo e visualizzazioni. Un percorso estremamente  potente, catartico e trasformativo. Mi sono stupita di quanta rabbia compressa ci fosse in me e sono stata aiutata a trasformarla senza che mi divorasse.

 

Lavorando con Rebecca ho cominciato piano piano a ricostruire me stessa, ad ascoltarmi, a vedermi e a fidarmi di me, delle mie capacità e potenzialità. Questo percorso mi ha regalato una vita nuova, che come tutte le vite ha e avrà i suoi alti e bassi, i suoi momenti felici e quelli tristi, ma quello che ho scoperto è che io posso scegliere, anzi non solo posso, ho diritto di farlo. 

 

Ho scoperto di avere diritto anche io, come donna e come individuo a far sentire la mia voce.

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